Libero Consorzio Comunale di Caltanissetta
(L.R. 15/2015)
già Provincia Regionale di Caltanissetta

 
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Butera

(Vutera in siciliano) è un comune italiano di 5.063 abitanti della provincia di Caltanissetta in Sicilia.
Confina con i comuni di Gela, Licata, Mazzarino, Ravanusa e Riesi. Dista, a sud, 49 km da Caltanissetta.

Il territorio di Butera è collinare all'interno, e pianeggiante sulle coste (Piana di Gela); ed è compreso tra il fiume Salso e il Disueri. La città sorge su una collina a 402 metri sul livello del mare, a sud del capoluogo. È l'unico comune (con Gela) della provincia, ad essere bagnato dal Mediterraneo, nel Golfo di Gela.

Il territorio presenta al suo interno il lago Comunelli, formato da sbarramenti allo scopo di costituire riserve d'acqua in caso di siccità. Con i suoi 295 kmq di superficie, si piazza al nono posto in Sicilia, e al 38simo in Italia. Lungo la costa sono presenti le frazioni marine di Falconara e Marina di Butera, caratterizzate da un leggero interesse turistico.

Da visitare:

Il Castello arabo-normanno (nella foto): risalente all'XI secolo, nel corso dei secoli ha ricevuto diversi ritocchi, come evidenziato dal torrione e dalle finestre a bifora. Ancora oggi è in ottimo stato di conservazione, dopo i lavori di restauro eseguiti nell'ultimo decennio.

La Necropoli di Piano della Fiera, in uso fino al VI secolo a.C., le sue origini risalgono all'età preistorica;
La Chiesa Madre, dedicata a San Tommaso: sita in piazza Duomo, eretta nel 1700, custodisce sull'altare maggiore la Madonna degli Angeli di Filippo Paladino;
La Chiesa di San Rocco, eretta nel 1700, ad unica navata, custodisce la statua del Santo, patrono della città. È sita in via Armando Diaz, da cui si può scorgere un bellissimo panorama.


Campofranco

(Campufrancu in siciliano) è un comune italiano di 3.631 abitanti della provincia di Caltanissetta, nella Sicilia centrale.

Sorge in una zona collinare a 350 metri sul livello del mare. È il comune più occidentale della provincia, a est del fiume Platani. Confina con i comuni di Aragona, Casteltermini, Grotte, Milena, Sutera. Dista 34 km da Agrigento, 55 km da Caltanissetta e 96 km da Enna.

Da visitare

La Chiesetta (nella foto) di Santa Maria dell'Itria


Caltanissetta

(Nissa o Cartanissetta in siciliano) è un comune italiano di 60.223 abitanti, capoluogo della provincia di Caltanissetta in Sicilia.

Caltanissetta è il più importante centro della Sicilia Centrale, superando per dimensione la vicina Enna. Il comune ha un'estensione di 416,97 km² e con la contigua San Cataldo forma una conurbazione con più di 83000 abitanti. La città si colloca al centoduesimo (102º) posto tra i comuni italiani per popolazione e al quattordicesimo (14º) come estensione tra i comuni italiani. In Sicilia è il secondo capoluogo di provincia più esteso dopo Ragusa e il quarto comune per estensione, dopo Noto, Monreale e Ragusa. La densità abitativa in città è di circa 144 ab./km². È il sesto comune capoluogo più alto d'Italia, ed il secondo dopo Enna in Sicilia. La città è sede di Corte d'appello.

 


 

 

Da visitare

L'Abbazia di Santo Spirito

Il luogo in cui oggi sorge l'Abbazia normanna di Santo Spirito era, probabilmente, un luogo di culto già in epoca bizantina, come ci fa supporre la dedicazione allo Spirito Santo. Le chiese siciliane di origine bizantina, infatti, sono spesso dedicate allo Spirito Santo, a San Basilio o San Nicola, mentre quelle di origine normanna alla Madonna, a San Pietro o agli altri Apostoli. Inoltre, sembra ormai certo che l'attuale biblioteca fosse un tempo un casolare arabo, inglobato nella struttura normanna.

Commissionata dal conte Ruggero e da sua moglie Adelasia, la chiesa fu consacrata nel 1153 ed affidata nel 1178 ai canonici regolari agostiniani, anche se fu soltanto nel 1361 che iniziò la serie degli abati. La chiesa fu restaurata una prima volta già nel 1568, ad opera di Fabrizio Moncada, figlio di Francesco I conte di Caltanissetta; in seguito furono effettuati altri restauri nell'ultimo trentennio del XIX secolo, fino a quelli recentissimi, conclusisi negli anni passati. Nel 1759 la contessa Ruffo Moncada affidò l'Abbazia ai padri cappuccini, l'ultimo dei quali morì nel 1904.

Non conosciamo con esattezza le date di fondazione né della chiesa, nè dell'abbazia, ma è certo che quella di Santo Spirito fu la prima parrocchia della città. La data di consacrazione 1153, invece, ci è pervenuta grazie ad una lapide commemorativa, posta sul pilastro sinistro dell'abside maggiore.


La struttura volumetrica dell'edificio è molto semplice: è costituita dal parallelepipedo della chiesa, sormontato da un tetto a capanna; dal parallelepipedo del campanile sormontato dalla piramide a base quadrata che lo ricopre; dai volumi semicilindrici delle absidi, in fondo alla chiesa, sormontate da coperture a quarto di sfera.

Numerosi sono, inoltre, gli elementi che l'abbazia ha mutuato dall'antico casale arabo: la parete di destra e quella dietro il fronte battesimale erano mura esterne del casale; la biblioteca occupa proprio l'interno del casale, mentre la sacrestia era un tempo una guardiola, come testimoniano le quattro feritoie ancora presenti.

Notevoli sono il fonte battesimale, presumibilmente già presente nell'antecedente chiesa bizantina; la cantoria, costruita nel 1877, decorata con gli stemmi dell'allora vescovo Mons. Giovanni Guttadauro dei Principi di Reburdone e dell'abate; l'affresco di Sant'Agostino, del XV secolo, di cui ci sono giunti purtroppo solo alcuni frammenti; l'affresco della Messa di San Gregorio, anch'esso del XV secolo, raffigurante la visione di un incredulo durante una Messa celebrata dal Papa San Gregorio Magno: il Cristo che emerge dal sarcofago e gli strumenti della Passione, che durante il Sacrificio Eucaristico si ripresenta per la salvezza delle anime; l'affresco del Cristo benedicente, ancora del XV secolo; l'affresco del Panthocrator, ridipinto nel 1964 dal pittore catanese Archimede Cirinnà; la statua della Madonna delle Grazie, del XVI secolo, in terracotta policroma, che è la più antica raffigurazione mariana di Caltanissetta; il Crocifisso dello Staglio, realizzato con tempera grassa su tavola e ritenuta l'opera più preziosa presente nell'abbazia; l'altare maggiore, la Protesis ed il Diaconicon, tutti ricavati da grossi blocchi di pietra di Sabucina; un'urna cineraria romana, risalente al I secolo, appartenente ad un certo Diadumeno, liberto dell'imperatore Tito Flavio Cesare e probabilmente proprietario del fondo dove in seguito sorse l'abbazia.

 

La chiesa di Santa Maria degli Angeli (detta la Vetere) sorge a ridosso del Castello di Pietrarossa, sul lato settentrionale di quest'ultimo. Fu la seconda parrocchia della città, divenuta sede parrocchiale cittadina nel 1239 ed, in seguito, regia cappella di Casa Sveva.

Il nome originale sembra essere quello di Maria Santissima Assunta, poi cambiato in quello attuale, in seguito alla donazione di un dipinto della Madonna degli Angeli, oggi conservato nella chiesa del Collegio di Maria.

Costruita in epoca Normanna, successivamente all'edificazione dell'abbazia di Santo Spirito, sembra sia stata consacrata nel 1100. Intorno al 1400 la parrocchia fu trasferita ad altre chiese, a causa delle sue ridotte dimensioni e, nel 1622 venne definitivamente assunta dalla chiesa di Santa Maria la Nova. Nel 1601, la chiesa di Santa Maria degli Angeli venne concessa ai Frati Minori Osservanti che, grazie alle generose offerte della Contessa Luisa de Luna y Vega, costruirono il proprio cenobio nel 1604. Con l'occasione, venne eseguito un riammodernamento ed ingrandimento dell'antica chiesa. Nel 1636 il convento dei minori subì un crollo parziale in seguito al quale fu approntata un'altra opera di restauro facendo uso, per ripristinare la parte crollata, delle pietre del vicino castello. Storia travagliata fu anche quella della costruzione del noviziato, inizata nel 1688 e terminata soltanto nel 1709 a causa della mancanza di fondi. Un ulteriore restauro ed ampliamento della chiesa fu condotto dal 1740 al 1771, come testimoniato da un'iscrizione che si trovava nell'arcata tra l'abside e la navata e riportata dallo storico nisseno Camillo Genovese.

Nel 1867, durante un'epidemia, il convento venne adibito ad ospedale per colerosi e successivamente, nel 1873, la chiesa venne definitivamente chiusa al culto, per passare alla proprietà del Ministero della Guerra, che la adibì a caserma e magazzino militare. Questo passaggio segna l'inizio di un periodo di completo abbandono della chiesa che culminò con il crollo parziale del tetto, nel 1964 e la successiva realizzazione, nel 1972, di un solaio in cemento armato.

Purtroppo, dell'interno dell'edificio non rimane più nulla, ma possiamo ancora ammirarne l'impianto planimetrico, tipicamente normanno, che consta di una singola navata. Inoltre, si trovano nella parte esterna, alcuni preziosi elementi decorativi, purtroppo spesso rovinati dalle sopraedificazioni e dagli inappropriati restauri condotti.

Degna di particolare rilievo è la porta maggiore occidentale, a causa dei particolari fregi che la adornano: costruita in pietra arenaria, possiede un archivolto a sesto acuto in tre livelli, sostenuto da quattro colonnine cilindriche dotate di capitelli

 

Duomo di Santa Maria la Nova è la cattedrale della diocesi di Caltanissetta.
Situata nel centro storico della città, venne costruita tra gli anni 1560-1620 e fu aperta al pubblico nel 1622. Venne intitolata così per distinguerla dalla chiesa madre, eretta nel Cinquecento ai piedi della fortezza di Pietrarossa, e che venne conseguentemente soprannominata "la Vetere".

Interno del Duomo

Presenta una larga facciata spartita da lesene affiancate da due campanili e domina tutta la centralissima piazza Garibaldi. L'interno, a croce latina, è diviso in tre navate sostenute da quattordici arcate, ciascuna dedicata ad un personaggio dell'Antico Testamento. Nel punto di intersezione fra i due bracci della croce, al di sopra dell'altare, si trova una cupola.
La straordinaria serie di affreschi che orna la navata centrale è opera del pittore fiammingo Guglielmo Borremans (1670-1744) che lavorò nel capoluogo nisseno nel 1720. Le tre scene centrali costituite dalle scene dell'Immacolata Concezione di Maria, dell'Incoronazione della Vergine e del trionfo di San Michele, si presentano allo spettatore insieme a raffigurazioni di angioletti, nuvolette e stucchi dorati a tema floreale. Nella seconda cappella di destra è notevole, invece, la presenza della splendida Immacolata, una statua lignea del 1760 con preziosi panneggi in lamina d'argento. Nella cappella situata a fianco di quella maggiore trovano posto le rappresentazioni dell'Arcangelo Michele, statua in legno nata dall'abilità dell'autore Stefano Li Volsi, e gli Arcangeli Gabriele e Raffaele, sculture marmoree opera dell'artista Vincenzo Vitaliano. Sull'altare maggiore si può ammirare l'Immacolata e Santi, una grande pala del Borremans. A completamento del duomo troviamo anche un prezioso organo intagliato e decorato, una tela raffigurante la Madonna del Carmelo di Filippo Paladini (1544-1614) e un Crocifisso attribuito a fra' Umile da Petralia (1580-1639).

All'interno vi è la Cattedra del Vescovo di Caltanissetta

 

Chiesa di Sant'Agata e Collegio agli Studi della Compagnia di Gesù.
Sul finire del Cinquecento, Donna Luisa Moncada e suo figlio, il principe Francesco, decisero di rendere Caltanissetta uno dei centri culturali più importanti della Sicilia e, tra le loro molteplici iniziative, invitarono in città l'ordine dei Gesuiti ai quali affidarono la chiesa di Sant'Agata ed il relativo collegio. I lavori di costruzione del Collegio iniziarono il 1º gennaio 1589 e terminarono, con alterne vicende, solo nella seconda metà del XIX secolo, mentre la Chiesa fu iniziata nel 1600, e terminata nel 1610, mentre il suo abbellimento si perpetuò nei secoli. Il Collegio, poderosa opera di migliaia di mq di superficie, è oggi sede della Biblioteca Comunale Luciano Scarabelli e del Liceo Musicale.

La chiesa è a croce greca. Ha, cioè, quattro bracci di uguale lunghezza e quattro cappelle laterali. La chiesa è certamente una delle più ricche di Caltanissetta: tutto al suo interno è ricoperto di decorazioni di marmo o da stucchi che fingono marmi, ed ovunque, al suo interno, è presente la sigla "IHS" identificativa dell'ordine gesuitico. La facciata della chiesa risale al '600, tranne il portale di Marabitti che risale al '700. Esso si presenta come un elemento diverso rispetto al resto della facciata. Infatti, mentre la chiesa è costruita con la caratteristica pietra di Sabucina o con pietra arenaria rossa, il portale invece è stato realizzato con pietra bianca. Inoltre esso possiede il timpano spezzato, con al centro uno stemma sostenuto da due puttini. All'interno della chiesa troviamo anche un affresco di Luigi Borremans, figlio di Guglielmo Borremans. Anche in questo affresco ammiriamo la tecnica del "tetto sfondato" con sullo sfondo il paradiso e la cornice che racchiude l'immagine come se fosse una finestra aperta verso il paradiso; le nuvole, in questo caso, costituiscono l'elemento di collegamento tra il cielo e la terra. Delle quattro cappelle, quella dedicata a Sant'Ignazio di Loyola, fondatore dell'ordine, è certamente una delle più rilevanti. Situata nel transetto di sinistra, presenta un bassorilievo che si dispone su un'intera lastra di marmo, attribuito allo scultore siciliano Marabitti, in cui spicca la figura del Santo. Egli viene rappresentato sul mondo insieme ad una serie di raggi dorati. Accanto alla sua figura, spicca quella di un puttino che tiene un libro recante la scritta "anno domini 1600". Al di sopra di Sant'Ignazio è situato un triangolo (simbolo della Trinità) recante la scritta in ebraico "Yahwe" e al di sotto quattro figure femminili che rappresentano i quattro continenti allora conosciuti: una donna con il cammello rappresenta l'Asia, una donna con una testa di leone rappresenta l'Africa, a sinistra una donna seduta con la tiara papale sembra rappresentare l'Europa ed, infine, una donna con la faretra rappresenta l'America. I quattro continenti sono qui rappresentati con intento metaforico, poiché i missionari gesuiti si spinsero in tutto il mondo allora conosciuto per diffondere il Vangelo.

Nella parte inferiore dell'altare, vi è uno splendido paliotto costituito da un intarsio di marmi e pietre dure che rappresentano fiori ed uccellini i cui nomi sono indicati nei nastri bianchi posti intorno a loro. Anche attraverso queste opere d'arte i gesuiti continuavano la loro missione di diffusione culturale. Intorno all'altare sono presenti le statue di San Stanislao e San Luigi Gonzaga di Francia. Dietro l'altare Maggiore dedicato a Sant'Agata, si trova un quadro del pittore Agostino Scilla che ritrae la senta durante il martirio. Nelle pareti laterali, infine, troviamo due tele del pittore nisseno Vincenzo Roggeri, che ritraggono Santa Rosalia e le Sante Vergini da una parte, e le Sante Monache dall'altra.

 

Palazzo Moncada detto anche Beauffremont fu edificato nella prima metà del XVII secolo dal Conte Guglielmo Moncada e doveva essere uno dei più importanti palazzi signorili della Sicilia, come testimoniano l'imponenza dell'edificio e i pregiati fregi (antropomorfi e zoomorfi) dei balconi. Tuttavia, la sua costruzione non venne portata a termine, in quanto Guglielmo ricevette la nomina a Viceré di Valenza e si trasferì in Spagna.

Restato proprietà dei Moncada fino agli inizi del XX secolo, nel 1915 fu acquistato dalla Principessa Maria Giovanna di Beauffremont, la quale lo privò del suo uso residenziale e vi fece costruire un'ampia sala con galleria in stile liberty, che fu adibita alla rappresentazione di spettacoli teatrali.

Nel 1938 il palazzo fu acquistato dalla famiglia Trigona della Floresta ed in seguito adibito alla rappresentazione di spettacoli cinematrografici. Tuttora ottempera a questo ruolo, con il nome di Cineteatro Beauffremont.

 


 

 


 

Gela

(Gèla in siciliano) è un comune italiano di 77.611 abitanti della provincia di Caltanissetta in Sicilia.
È per numero di abitanti il primo della provincia e il sesto in Sicilia, nonché cinquantesimo in Italia per estensione. La città, da cui prende nome la vasta pianura circostante e l'ampio golfo su cui si affaccia, è un importante centro agricolo, industriale e balneare. Quasi simbolo delle contraddizioni tipiche dal Mezzogiorno, Gela è ricca di testimonianze di quella che fu una delle più influenti poleis della Magna Grecia. Nota per il complesso petrolchimico dell'Eni costruito nelle sue immediate vicinanze, la città aspira da tempo all'elevazione a capoluogo di  provincia.

 

 

 

 

 

Da visitare:

Il castello Svevo, meglio conosciuto come “Castelluccio” si erge su una collina di gesso e domina la costa a difesa della città di Gela.

Le origini del Castello risalgono, secondo antichi documenti storici, al 1143 quando il conte Simone di Butera lo donò all’abate del Monastero di San Nicolò l'Arena di Catania.

Il Castello è stato costruito utilizzando la calcarenite gialla e grandi blocchi di calcare bianco che danno all’intera struttura un aspetto davvero gradevole ed imponente, si presenta inoltre privo di decorazioni e merletti, caratteristiche che ne esaltano maggiormente la sua funzionalità.

Ubicato nella contrada Spadaro è facilmente raggiungibile percorrendo la strada che da Gela porta a Catania e si trova a circa 10 km dalla città. Per quanto riguarda l’aspetto architettonico si può notare che la pianta è rettangolare con mura spesse e due possenti torri situate ai lati: la torre ad ovest presenta ancora i resti di una cisterna e di un sala ancora in parte visibile, nella la torre ad est, invece, si può ammirare una cappella scavata nella parete.

Il Castello, probabilmente, era organizzato a più piani vista la doppia file di finestre visibili dall’esterno ed anche se ormai sono rimasti solo dei ruderi si possono ancora ricostruire le funzioni delle varie parti. Sono, comunque, ancora presenti parti degli ambienti dedicati alle stalle ed all’armeria e qualche sala residenziale.

 

Le Catacombe  che erano delle aree cimiteriali sotterranee utilizzate nell'antichità.

Le più celebri sono quelle cristiane, anche se ne esistono esempi legati ad altre religioni: ne esistono anche di fenicie e pagane, già gli etruschi e gli ebrei usavano seppellire i loro morti in camere sotterranee. I cristiani ricrearono tale pratica inumativa abbandonando, per la fede nella resurrezione dei corpi, l'uso della cremazione pagana.

Le catacombe sono solitamente scavate nel tufo, tipica roccia facilmente lavorabile, e possono avere anche più livelli, con profondità che arrivano fino a trenta metri.

All'inizio si mantennero principalmente le usanze funerarie pagane, come è provato dal cimitero precristiano di Anzio. Il sepolcro si trova quasi sempre all'esterno della città, poiché le Leggi delle XII tavole prescrivevano che hominem mortuum in urbe neve sepelito neve urito ("Non si seppellisca né si cremi nessun cadavere in città").[1] Ma i cimiteri (il cui termine deriva dal greco κοιμητήριον [koimētérion], quindi dal verbo κοιμάω [koimáō], ossia "dormire", "riposare", oppure dal latino accubitorium, dal verbo accumbere per "giacere") per cristiani sono luoghi dell'attesa della resurrezione.
 

 

Il Museo Archeologico Regionale, fondato nel 1958, con reperti che vanno dall'età preistorica a quella greca. La sede museale, è un edificio realizzato negli anni Cinquanta. Nel 1984, dopo la realizzazione di lavori di ampliamento resi necessari per l'incremento dei materiali da esporre, il Museo venne riaperto con un nuovo allestimento.
Gli ultimi interventi effettuati a partire dal 1995 lo hanno interamente rinnovato nei percorsi espositivi e negli apparati didattici e didascalici.

Il museo illustra attraverso reperti ceramici, bronzei e numismatici, la storia di Gela antica e del territorio ad essa connesso, dall'età preistorica all'età medievale.
Gela fu la prima colonia rodio-cretese fondata in Sicilia, secondo Tucidide, nel 689-688 a.C. La città divenne ben presto una delle più importanti dell'isola fino a rivaleggiare con la stessa Siracusa.
Le sue mire espansionistiche per il controllo del territorio la portarono a fondare nel 581 a. C. Akragas (Agrigento), e successivamente ad estendere il proprio dominio fino allo Stretto.
Dopo la metà del V sec. iniziò il suo declino. Nel 405 a.C. fu conquistata e distrutta dai Cartaginesi. Ricostruita nel IV sec. a.C., fu successivamente oggetto di attacchi da parte di Siracusa, fin quando tra il 285 e il 282 a. C. fu distrutta dal tiranno agrigentino Phintias che trasferì i suoi abitanti presso Licata dove nacque una nuova città chiamata Phintiade.

Le collezioni. Il nucleo più antico è costituito dalle collezioni Navarra e Nocera. La prima, acquistata negli anni Cinquanta dal museo, comprende un cospicuo numero di vasi corinzi ed attici a figure nere e a figure rosse, provenienti dagli scavi clandestini delle necropoli e raccolti alla fine dell'Ottocento dal barone Giuseppe Navarra.
Tra i vasi attici a figure nere (fine VI, inizi V sec. a.C.) si ritrovano opere attribuite al Pittore di Gela e al Pittore di Eucharides, e molte lekythoi della "classe di Phanillys". Tra i vasi attici a figure rosse (prima metà del V sec. a.C.) sono esposti quelli del Pittore di Edimburgo, del Pittore di Boreas, del Pittore della Phiale di Boston, del Pittore dei Porci, del Pittore di Berlino e del Pittore di Brygos. Si tratta di opere di grandi ceramografi (decoratori di oggetti in terracotta) attici giunte a Gela con navi mercantili. Il relitto di una di queste imbarcazioni è stato ritrovato di fronte alla costa ed ha consentito di ricavare dati fondamentali per lo studio dell'architettura navale antica e dei traffici commerciali che l'antica colonia intratteneva con le altre città della Grecia.

L'ordinamento è di tipo cronologico e si articola in otto grandi sezioni, nelle quali l'esposizione è associata a materiale didattico e didascalico.

Piano terra
Sezione I la storia, la preistoria, l'acropoli (dalla fondazione al V sec. a.C.) e l'acropoli (IV sec a.C.), l'Emporio, la Nave
Sezione II l'Heraion, la città fra il IV e il III sec. a.C.
Sezione III le Fornaci, l'Epigrafia
Sezione VIII le Necropoli greche, la Collezione Navarra, la Collezione Nocera

Primo piano
Sezione IV le anfore
Sezione V i Santuari extraurbani.
Sezione VI il territorio dalla Preistoria all'età greca.
Sezione VII il territorio dall'età romana all'età mediovale.

Indirizzo : Corso Vittorio Emanuele, 1
Provincia : Caltanissetta Comune : Gela
Tel. : 0933 912626
Orari ingresso : Tutti i giorni 9,00-18,30
Biglietto singolo intero : 4,00 €
Biglietto singolo ridotto: 2,00 €

 

Le Mura di Capo Soprano, con costruzioni militari greche del IV-III secolo avanti Cristo

 


 

Marianopoli (Paisi di Manchi in siciliano) è un comune italiano di 2.143 abitanti della provincia di Caltanissetta nella Sicilia centrale.

Il nome si riferisce al proprietario del feudo: "Mariano Della Scala" con l'aggiunta del termine greco "polis", ossia città. Gli abitanti sono chiamati Marianopolitani, Manchisi in siciliano. Il luogo su cui sorge il centro abitato di Marianopoli è stato abitato sin dalla Preistoria, testimoniato dai numerosi reperti preistorici appartenenti all'antica necropoli di Valle Oscura. L'attuale centro urbano fu fondato nel 1726.
 

 

 

 

 

 


Mazzarino (Mazzarinu in siciliano) è un comune italiano di 12.421 abitanti della provincia di Caltanissetta in Sicilia. Sorge su una collina interna, a est del fiume Salso, posta a 553 metri s.l.m., nella Sicilia centrale; e dista 93 km da Agrigento, 44 km da Caltanissetta, 53 km da Enna, 99 km da Ragusa.

Numerose fonti fanno derivare il nome Mazzarino da "Mazzara" per deformazione dall'antico toponimo "Makterium". Il centro si formò in età medievale attorno ad un castello di origine araba, del quale oggi si trovano solo pochi resti. Nel 1143 Manfredi fu il primo signore di Mazzarino. Nel 1304 passò sotto alla dinastia dei Branciforte, fino all'abolizione della feudalità, nel 1812. Infine nel 1818 fece parte della provincia di Caltanissetta. Mazzarino. È considerata la perla del barocco siciliano della provincia nissena per la bellezza delle sue chiese e non solo.

Una particolare menzione merita, nella storia di Mazzarino, la figura di Carlo Maria Carafa (1650-1695) che si adoperò durante la sua signoria per l’attuazione di importanti riforme quali l’istruzione gratuita e l’introduzione della stampa mediante l’impianto di tipografie nel paese.

Mazzarino è stato dichiarato centro d’arte ed al turista può offrire diversi spunti per una visita, come il castello, noto come “U CANNUNI”, con l’unica torre cilindrica, quasi “cannone”, che si erge verso il cielo. Di origini romano-bizantina, il castello subì nel corso dei secoli numerosi rifacimenti. È stato anche set del famosa serie televisiva “La Piovra”.

Da vedere anche Palazzo Alberti uno degli edifici di maggiore valore architettonico, Il Convento dei Padri Carmelitani e la Chiesa di Santa Maria del Monte Carmelo che sorgono sulla piazza centrale della città. Altro sito di suggestiva bellezza è la Chiesa di San Ignazio con annesso il Collegio dei Gesuiti la chiesa restaurata recentemente ha un bellissimo organo privo di canne collocato nella cantoria ultimata nel 1734.

Il Collegio interessato recentemente da lavori di restauro diverrà sede del museo dedicato a “Carlo Maria Carafa”. Inoltre si possono ammirare anche la chiesa di Santa Maria della Neve, la chiesa dei Padri Cappuccini, la chiesa della Madonna del Mazzaro patrona della città che si festeggia nel mese di settembre.

 

Da visitare:

Santa Maria Della Neve Tempio del Duomo o Madrice fu eretta verso la fine del XVI secolo sull'area dove prima sorgeva una chiesetta dedicata a Santa Maria della Neve, su progetto dell'architetto Angelo Italia, modificato successivamente su disposizione testamentaria del Principe Carlo Maria Carafa. La facciata originaria è rimasta incompleta, infatti nella parte superiore sinistra c'è un bassorilievo scolpito in pietra, raffigurante la creazione di Adamo ed Eva, nel lato destro manca l'altro pezzo che doveva raffigurare Caino ed Abele; su tutta la facciata vi sono quattro cassettoni vuoti che dovevano essere ricoperti da bassorilievi, non più eseguiti, come pure mancano quattro statue che avrebbero dovuto ricoprire le nicchie vuote. L'interno è a tre navate, nell'altare maggiore vi è una grande tela della Madonna della Neve, gli stucchi della cappella della Madonna di Lourdes sono opera del Fantauzzi. Questa cappella e quella del SS. Sacramento, sono adornate da due meravigliosi lampadari ottocenteschi in vetro di murano policromi; nell'altare maggiore vi sono un ricchissimo stallo di canonici, o coro, preziosissima opera del concittadino Santi Rigano. L'altare è in cristalli dorati e colorati, l'opera si compone di 36 scene del Vecchio e Nuovo Testamento, sopra di esse completano il prezioso stallo diciotto medaglioni, riproducenti i dodici apostoli, i quattro evangelisti, San Giuseppe e la Madonna, l'opera venne completata nel 1872. Il Duomo è parrocchia con qualche interruzione dal 1763.

 

Il Castello in inverno (U Cannuni)  è il castello di Mazzarino (nome reale non conosciuto); un altro castello, sempre in territorio di Mazzarino ma la cui vista si può godere percorrendo la vecchia strada per Catania è il "Castello di Salamone" (nome reale Castello di Garsiliato). Il primo rappresenta il monumento maggiormente rappresentativo ed è stato teatro di una puntata della serie TV La Piovra girato all'interno di esso. Il secondo meno famoso ai non mazzarinesi fu la dimora di antichi signori. Molte sono poi le chiese e gli edifici antichi interessanti da visitare, così come il percorso turistico denominato "La via dei Fasti e del Prestigio".[1] Il comune è altresì famoso per essere la culla dell'omonima famiglia nobile cui appartenne il cardinale Giulio Mazzarino. Mazzarino possiede dei veri capolavori, un patrimonio lasciatoci in eredità dai nostri antenati a testimonianza del loro amore per l'arte, tanto da essere proposta a far parte dell'UNESCO con il riconoscimento del Comune di MAZZARINO come CITTA' D'ARTE, ai sensi dell'art.13 co. V della L.r. n.28/99, ed è stato incluso tra i Comuni ad economia prevalentemente turistica.

                                                                                                                                          

                                                                                                                                              

 

 

 

 

 

 

 

 

Palazzo Branciforti

                               

 

                              Cupola della Chiesa del Carmine

                                          

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Milena è un comune di 3.325 abitanti della provincia di Caltanissetta nella Sicilia centrale.
Sorge in una zona collinare a 423 metri sul livello del mare. Si trova nella parte occidentale della provincia a est del fiume Platani, nella Sicilia centrale. Confina con i comuni di Bompensiere, Campofranco, Grotte, Racalmuto e Sutera. Dista 36 km da Agrigento, 45 km da Caltanissetta e 86 km da Enna.

Con il nome storico di Milocca (dall'arabo Mulok che significa ciliegio o grande proprietà), il comune nasce nel 1924, con il decreto regio n°3032[1], per volontà di Vittorio Emanuele III di Savoia. A dare impulso all'attività cooperativistica dell'unica Cassa Rurale della provincia nissena, fu Salvatore Angilella. Egli riempirà la storia di Milocca e delle sue istituzioni adoperandosi alla sua rinascita sociale, politica ed economica per quasi un sessantennio e cioè fino al suo decesso avvenuto nel 1966.

A partire dal 1933, in omaggio alla regina Milena del Montenegro, madre della regina Elena, sposa di Vittorio Emanuele III, la città fu rinominata "Milena".

Dal 1924 al 1946, a Milena si sono succeduti ben 13 Commissari prefettizi e potestà e 10 sindaci di cui i primi due di nomina prefettizia. In seguito, nel 1946, si fecero le prime elezioni amministrative, e si ebbe finalmente la prima amministrazione comunale eletta democraticamente.

Dal 1954, il Dott. Luparelli Giuseppe prende le redini del paese per circa 40 anni. Uomo influente e capace cambia radicalmente il paese, infatti essendo Milena suddiviso in villaggi molto distanti tra loro, cerca di accentrare la popolazione con lottizzazione di terreni per i più degenti e con la costruzione di case popolari.
 

Da visitare:

La suggestiva Fattoria di S. Martino, databile al XVII secolo e la Chiesa Madre costruita tra il 1870 e il 1881 di notevole importanza artistica.

    

 

 

 

 

 

 

 

 




Mussomeli  (Mussumeli in siciliano) è un comune italiano di 11.547 abitanti della provincia di Caltanissetta in Sicilia.

Sorge in una zona collinare interna, a est del fiume Platani, nella Sicilia centrale, posta a 750 metri s.l.m. Dista 53 km da Agrigento, 58 km da Caltanissetta, 99 km da Enna, 199 km da Ragusa.

Si presume che il territorio di Mussomeli sia stato abitato fin dall'epoca preellenica (prima del 1500 a.C.) dai Sicani e dai Siculi, attratti dalla sicurezza offerta dalla conformazione del territorio e dalla fertilità della terra. Ciò è testimoniato da numerose zone archeologiche nelle vicinanze del paese.

Qualche migliaio di anni dopo, i Romani scelsero queste terre anche perché svolgeva durante le guerre un ruolo di raccordo tra il centro Sicilia e le coste. Nel 1370 Manfredi di Chiaramonte inaugurò il Castello Manfredonico Chiramontano di stile gotico-normanno, costruito su una precedente fortezza araba, che si innalza su una rupe fino a 778 metri: "Il nido D'Aquila".

                                                                                                                                        

 

Da visitare:

Il Castello

Il maniero si erge alto, possente, sulla cima di una roccia isolata e quasi impervia, che domina d'ogni lato la ricca e vasta campagna circostante. Non potrebbe immaginarsi posizione più idonea per un maniero dei tardi tempi medievali (fu eretto nel trecento da Manfredi III Chiaramonte), ed è incredibile con quanta straordinaria abilità si sia riusciti ad adattarne la costruzione alle scabre accidentalità della roccia a picco.

 

 


Niscemi è un comune italiano di 27.523 abitanti della provincia di Caltanissetta in Sicilia. È il terzo comune della provincia per numero di abitanti dopo Gela e Caltanissetta.

Il nome Niscemi deriva dall'arabo nasciam che significa “olmo”.

Il centro abitato è situato su un altopiano, posto a 332 metri dal livello del mare. Il comune ha una superficie di 9.654 ettari per una densità abitativa di 282 abitanti per chilometro quadrato. Niscemi è situata su una collina rientrata nella parte dei Monti Erei e alle pendici degli Iblei, con un fantastico panorama occidentale sulla vallata del fiume Maroglio e la Piana di Gela. Niscemi dista 98 km da Caltanissetta, 90 km da Catania, 89 km da Enna, 195 km da Messina, 227 km da Palermo, 59 km da Ragusa, 127 km da Siracusa e 326 km da Trapani. Qualora dovesse formarsi la provincia del Calatino, il Comune ha chiesto di aderire.
 

La piazza                                                                                                            

 

 

 

 

 

 

 

 


 

Da visitare: Il centro storico che risale alla seconda metà del XVII secolo. La piazza Vittorio Emanuele III dalla forma rettangolare; su di essa si affacciano la Chiesa Madre, quella dell'Addolorata e il Palazzo del Municipio; esso venne costruito tra il 1870 e il 1882, in stile neoclassico.
Il belvedere chè una terrazza panoramica che offre una magnifica vista sulla piana di Gela e sulla vallata del fiume Maroglio. È uno dei più bei panorami della Sicilia. Fu costruito in stile barocco, all'inizio del XIX secolo, ed è a forma rotondeggiante contornata da ringhiera e panche in ferro battuto; è definito u tunnu (cioè "la rotonda") e rappresenta la meta finale della passeggiata nel centro storico.


Scalinata del viale Angelo D'ArrigoNella zona sottostante al belvedere hanno recentemente costruito un viale dedicato all'aviatore italiano Angelo D'Arrigo, offrendo sempre di più una vista panoramica sulla piana di Gela.



Resuttano  (Resuttanu in siciliano) è un comune italiano di 2.241 abitanti della provincia di Caltanissetta nella Sicilia centrale.
Confina con i comuni di Alimena, Blufi, Bompietro, Petralia Sottana e Santa Caterina Villarmosa.

Resuttano è un'exclave nissena in provincia di Palermo, a cui appartiene una sola contrada unita alla provincia di Caltanissetta (Ciolino). Il territorio resuttenese è prevalentemente collinare, nella zona settentrionale della provincia. Essa sorge in una zona collinare, a 600 metri sul livello del mare, ad ovest del fiume Salso. Dista 106 km da Agrigento, 34 km da Caltanissetta e 53 km da Enna.
 
Il territorio resuttanese fu interessanto da insediamenti arabi, testimoniati dalla presenza di un castello di origini arabe.

Nel XIV secolo appartenne alla famiglia dei Ventimiglia, poi al duca di Campobello, e infine nel 1625 a Giovanbattista Romano Giuseppe di Napoli, signore di Alessandria della Rocca che acquista, per conto del figlio Gerolamo, la baronia di Resuttano.

Fu così che, il 7 giugno 1627, nasce Resuttano. La popolazione, di origine madonita, si insediò inizialmente attorno alla fattoria Di Napoli. Nel 13 febbraio 1628, nacque la prima Chiesa, benedetta da don Paulo Calabria. La massa di coloni viveva di vita stenta. Le risorse erano esclusivamente agricole e artigianali. In tali condizioni le carestie erano frequenti, le condizioni igieniche disastrose a tutti i livelli, ogni trent’anni si ripresentava invariabilmente la peste. Al 1650 il paese contava 404 abitanti divisi in 115 famiglie. Solo nel 1812 terminava il feudalesimo, la nobiltà scompare, i grossi patrimoni si disfecero rapidamente a favore della piccola e tirchia nobiltà di provincia e ancor di più a favore dei vecchi gabellotti.
 Nel 1818 fece parte della provincia di Caltanissetta

Da visitare:

Il Castello di Resuttano;
La Chiesa Madre, eretta nel XVIII secolo, dedicata all'Immacolata Concezione. Sita in piazza Roosevelt, presenta una facciata semplice, con ai lati due torri campanarie, e al centro una finestra sorretta da due colonnine di stile ionico;
La Chiesa delle Anime Sante;
La Chiesa di San Paolo Apostolo in cui è custodita la statua della Madonna Addolorata, molto venerata dai resuttanesi, la cui festa viene celebrata il 15 settembre;
Il Palazzo Mazzarino.


                                                                                                                                        Il Castello


 

 

 

 

 

 

 


 


Riesi è un comune italiano di 11.678 abitanti della provincia di Caltanissetta in Sicilia,  situato nella Sicilia centrale vicino alla valle del fiume Salso, a sud della provincia.

Si trova 20 km a sud di Caltanissetta, 73 km da Agrigento, 63 km da Enna, 104 km da Ragusa. Si estende su una superficie di 6.667 ettari ed è situato a 330 metri sul livello del mare. Sorge alle falde del Monte Santa Veronica. Riesi era attraversata dalla Strada Statale 190 delle Solfare, oggi in variante con due bivi di accesso in città: Riesi Nord e Riesi Sud. A circa 5 km dalla città la SS190 incrocia la SS626 della Valle del Salso (Caltanissetta-Gela) Uscita Iudeca.

Riesi è stata fondata nel XIII secolo. Il nome deriva da una parola araba che significa “luogo abbandonato, incolto”.


Da visitare:
La settecentesca chiesa della Madonna della Catena (Matrice), con notevoli, stucchi e affreschi d'epoca, l'Antica Torre;

 

Antica Torre                                                                                                                                      Chiesa della Madonna della Catena                    

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


                                                                        

San Cataldo è un comune italiano di 23.247 abitanti della provincia di Caltanissetta in Sicilia.

È posto a 625 metri s.l.m. ed è il quarto comune più popoloso della provincia.
Sorge in una zona collinare interna che si estende a nord del centro abitato, tra i comuni di Serradifalco, Mussomeli, Caltanissetta, collocato all'interno del comprensorio dell'altipiano Solfifero Siciliano, un'antica area mineraria. Dista 63 km. da Agrigento, 9 km. da Caltanissetta, 50 km. da Enna, 150 km. da Ragusa.

All'interno del territorio vi sono testimonianze, nei pressi di Vassallaggi, di insediamenti umani risalenti al VI-V secolo a.C., benché l'attuale centro abitato abbia origini relativamente recenti. Il Comune fu fondato infatti dal principe Nicolò Galletti nel 1607 quando lo stesso ottenne la licenza dal Re di Sicilia Filippo III, di edificare e popolare l'antico Casale Calironi sito all'interno della Baronia di Fiumesalato, dedicandolo a San Cataldo.

Nel corso degli anni San Cataldo ha subito parecchi rimaneggiamenti dal punto di vista urbanistico, al punto che oggi appare come una città nuova, nella quale prevalgono costruzioni recenti e pochissime costruzioni possono vantare una discreta valenza storica. Ormai uniche testimonianze culturali del passato sono alcune chiese e costruzioni signorili.




Da visitare
:

La Chiesa Madre
intitolata precedentemente alla Natività di Maria, fu iniziata dal barone Vincenzo Galletti di Fiumesalato e marchese di San Cataldo.
La bolla vescovile agrigentina riporta la data del 18 agosto del 1632. Possiede il titolo di arcipretura, per cui i parroci che la reggono assumono il titolo di arciprete. Nel 1695, a causa di un crollo del transetto destro, che interessò la cappella di San Cataldo e del Crocifisso, la Chiesa si ricostruì ex novo così come oggi appare. I lavori furono voluti dal principe Giuseppe Galletti, il quale invitò per la Consacrazione suo fratello Pietro Galletti, arcivescovo di Catania (9 maggio 1739). Per l'occasione la chiesa madre fu re-intitolata all'Immacolata Concezione.


Le due Torri
che il re Filippo III, nel decretare la fondazione del paese, concesse al Barone di Fiumesalato il diritto di costruire una torre per la difesa: "Concedimus... Turrim... Construere". È sorta nella parte alta della città, detta "Monte Taborre", in modo da dominare l'intero abitato. Nel 1780, si provvide ad istallarvi un orologio con quattro quadranti di marmo e provvisto di suoneria, battente le ore su due campane squillanti. Nel 1959, a causa delle precarie condizioni, fu abbattuta per decisione del sindaco.


Suggestiva immagine delle due torri più importanti di San CataldoL'altra torre civica, facente corpo unico con la Chiesa del Ss.mo Rosario, venne innalzata a cura e spese del Comune nel 1820, a più riprese, secondo le disponibilità finanziarie. Oltre a battere i quarti, le mezz'ore, e le ore, era fornito di una suoneria ausiliaria, che all'alba svegliava l'operario che doveva recarsi a lavoro, alle otto del mattino avvertiva gli scolari per andare a scuola, a mezzogiorno segnava l'ora della sospensione del lavoro, a mezzanotte, faceva affrettare il passo ai nottambuli per rincasare. La torre suonava anche il caratteristico fischio dei sancataldesi: "Vacabunnu va a travaglia".

Una terza torre è presente nella nuova parrocchia di Cristo Re, che oggi suona soltanto le ore, le mezzore, il mezzogiorno invitando a rivolgersi alla Madonna con l'"Angelus" o nel tempo di Pasqua il "Regina Coeli", a mezzogiorno suona lo "scampanio". Poi suona tre quarti d'ora prima per annunciare la Messa.

La Loggia dei Principi Galletti, la chiesetta dell'oratorio del Ss.mo Sacramento (U ratò) di origine settecentesca e ubicata accanto la Chiesa Madre (sono unite), la chiesa Sant'Antonio Abate, dedicata alla Madonna del Carmelo.

 


Santa Caterina Villarmosa è un comune italiano di 5.766 abitanti della provincia di Caltanissetta nella Sicilia centrale. Il territorio di Santa Caterina Villarmosa è prevalentemente collinare. Essa sorge su una collina, a nord di Caltanissetta, a 606 metri sul livello del mare. È uno dei comuni più a nord della provincia, a ovest del fiume Salso. Nella zona "Scaleri" sorge la Riserva naturale orientata geologica di Contrada Scaleri, con la presenza di "microforme carsiche", rocce gessose variamente incise, di grande interesse scientifico.

Dista 19 km da Caltanissetta, 38 km da Enna, 91 km da Agrigento, 160 km da Ragusa.
 

Da visitare:

La Chiesa Madre, eretta nel XVII secolo, dedicata all'Immacolata Concezione. L'interno, a tre navate, è ricco di affreschi. La chiesa è sita in piazza Garibaldi.

 

 

 

 

 

 

 

 


La Chiesa Santa Maria delle Grazie, risalente al 1600, situata in via Roma.
Il Sito archeologico di "Cozzo Scavo", antico insediamento dell'età del ferro; i reperti rinvenuti sono custoditi nel Museo archeologico di Caltanissetta.

 



Sutera è un comune italiano di 1.639 abitanti della provincia di Caltanissetta in Sicilia. Sorge a circa 70 km a sud-est di Palermo e a circa 40 km da Caltanissetta.
L'area è dominata da una grande roccia monolitica chiamata "La montagna di San Paolino". Sopra questa montagna giacciono le ossa dei santi patroni del paese: San Paolino e Sant'Onofrio. Per la festa di San Onofrio buona parte della popolazione si reca in pellegrinaggio in cima al monte.

È un paese ricco di tradizioni ed artigianato ed essendo di stampo arabo conserva anche un centro storico di particolare interesse e tenuto molto bene che rappresenta una meta turistica che insieme alla vicina Mussomeli si sta negli ultimi anni inserendo nelle rotte turistiche della regione.

Degno di nota è il presepe vivente che ogni anno si organizza nel periodo natalizio nel quartiere Rabato del paese e che attira migliaia di visitatori.

 Presepe vivente                                                                         

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Da visitare: oltre al suggestivo presepe vivente:
La chiesa di San Giovanni, con pregevoli stucchi del Serpotta;
La casa dell'uomo d’armi Francesco Salamone, il guerriero siciliano che partecipò, assieme al palermitano Guglielmo Albamonte alla "Disfida di Barletta" nel 1503.


Vallelunga Pratameno (Vaddilonga in siciliano) è un comune italiano di 3.844 abitanti della provincia di Caltanissetta nella Sicilia centrale.

Vallelunga Pratameno è il comune più settentrionale della provincia, e sorge in una valle pianeggiante, a est del fiume Platani. Dista 74 km da Agrigento, 50 km da Caltanissetta, 69 km da Enna.

Si suppone che il territorio di Vallelunga fosse abitato sin dall'Età del Bronzo. L'attuale centro urbano nacque nel 1623, grazie al nobile Pietro Marino, che ottenne la opportuna "licentia populandi". Il paese mantenne solo il nome Vallelunga sino al 1865. In quell'anno fu aggiunto l'appositivo Pratameno in onore del duca di Pratameno fondatore del nuovo borgo. Fu sotto la dinastia dei Notarbartolo che al territorio vennero apportate varie migliorie.

Da visitare:

Chiesa Madre, dedicata a Santa Maria di Loreto, eretta nel 1634, custodisce la statua della santa, patrona della città. Ha una struttura a tre navate, a croce latina. La sua facciata presenta due torri campanarie.
Fontana del Tritone, sita in piazza Umberto I
Oratorio del Signore, eretto nel 1798.
Chiesa della Madonna del Rosario, costruita nel 1770.
 



Villalba (Villarba in siciliano) è un comune italiano di 1.803 abitanti della provincia di Caltanissetta in Sicilia. Sorge a circa 98 km a sud-est di Palermo e a circa 50 km da Caltanissetta

Il nome "Villalba" significa "città bianca" per via dell'aspetto delle sue abitazioni bianchissime

Nel suo territorio si coltivano ortaggi, uva, pomodori, con cui si tiene annualmente la "Sagra del Pomodoro"; e le sue famose Lenticchia di Villalba, che appunto ne riportano il nome e sono state riconosciute dalla Regione Siciliana e dal competente Ministero come un prodotto agroalimentare tradizionale.


 






 

Fonte immagini e informazioni: wikipedia